La revisione del processo penale è un mezzo di impugnazione straordinario che può essere esperito in qualsiasi momento contro le sentenze di condanna passate in giudicato.
L’importanza di tale istituto previsto dal nostro ordinamento si apprezza particolarmente in Italia dove si stimano circa mille errori giudiziari all’anno.
L’art. 630 c.p.p. elenca i casi in cui può essere invocata la revisione della sentenza penale di condanna:
- se i fatti posti a fondamento di una sentenza di condanna o del decreto penale di condanna sono incompatibili con quelli di un'altra sentenza penale o decreto penale di condanna irrevocabile;
- se è intervenuta la revoca di una sentenza civile o amministrativa di carattere pregiudiziale che è stata posta a fondamento della sentenza di condanna o del decreto penale di condanna;
- se sopravvengono nuove prove che da sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto;
- se viene dimostrato che la condanna è stata pronunciata a seguito di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto che la legge prevede come reato.
3. Soggetti legittimati alla richiesta
L'art. 632 c.p.p. individua i soggetti legittimati a proporre il giudizio di revisione:
- il condannato o un prossimo congiunto o il tutore; l’erede o un prossimo congiunto nel caso in cui il condannato è deceduto;
- il procuratore generale presso la Corte d’appello nel cui distretto è stata pronunciata la sentenza di condanna.
L’art. 633 cpp prevede, invece, che la domanda può essere presentata personalmente dall’interessato ovvero dal suo procuratore speciale e deve contenere una dettagliata esposizione delle ragioni che la giustificano e gli eventuali documenti che la corredano.
La domanda e i documenti a sostegno devono essere depositati nella cancelleria della Corte di Appello competente a decidere, individuata ai sensi dell’art. 11 c.p.p. secondo la medesima tabella che disciplina la competenza per i procedimenti che coinvolgono magistrati.
Tale previsione è legata al timore di una eccessiva vicinanza tra il giudice che ha emesso la sentenza e quello che deve valutare la richiesta di revisione. Si è così inteso garantire più efficacemente l'imparzialità del giudizio affidando la revisione ad un giudice di un diverso distretto.
Una volta presentata l’istanza di revisione viene sottoposta ad un primo vaglio di ammissibilità da parte della Corte di Appello, alla quale l’art. 634 c.p.p. attribuisce il potere di verificare preliminarmente se la richiesta è stata proposta fuori delle ipotesi consentite o senza l'osservanza delle disposizioni previste dagli articoli 631e ss. c.p.p. ovvero risulta manifestamente infondata.
In questi casi, la Corte di Appello anche d’ufficio ne dichiara con ordinanza l'inammissibilità.
L’ordinanza di inammissibilità della Corte di Appello può essere ricorsa in Cassazione che, in caso di annullamento, rinvia il giudizio ad altra Corte di Appello individuata ai sensi dell’art. 11 c.p.p.
Se la Corte di Appello stima ammissibile l’istanza, il Presidente emette apposito decreto di citazione a giudizio per lo svolgimento del processo di revisione.
Superato il vaglio preliminare di ammissibilità dell’istanza di revisione, la Corte di Appello potrebbe emettere apposita ordinanza di sospensione della pena o della misura di sicurezza in attesa dell’esito del processo di revisione.
Il processo di revisione, superato il vaglio di ammissibilità, si concluderà o con sentenza di accoglimento, con pronunciamento della formula assolutoria ritenuta di giustizia e consequenziale revoca della sentenza di condanna; oppure con sentenza di rigetto e contestuale condanna dell’istante al pagamento delle spese processuali (art. 637 c.p.p.).
In ogni caso, la dichiarazione di inammissibilità della richiesta o la sentenza di rigetto non precludono all'istante il diritto di presentare una nuova richiesta basata su elementi differenti (art. 641 c.p.p.).
L'art. 643 c.p.p. prevede inoltre, per colui che è stato prosciolto a seguito della domanda di revisione, il diritto ad una riparazione commisurata alla durata della pena espiata nonché alle conseguenze personali e familiari che ne sono derivate, salvo che l’interessato non abbia determinato l'errore giudiziario per dolo o colpa grave.
Il diritto alla riparazione si trasmette al coniuge, ai discendenti, agli ascendenti, ai fratelli, alle sorelle e agli affini nell’ipotesi di morte dell’interessato (art. 644 c.p.p.).
Nell’anno 2006 furono uccise quattro persone, fra cui un bambino di appena 2 anni, mentre una rimase gravemente ferita. Gli autori di questa strage furono individuati in Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva all'ergastolo.
A distanza di quasi 20 anni, il prossimo 1° marzo, i giudici decideranno sull'istanza di revisione presentata dalle difese dei due coniugi e dal Sostituto P.G. di Milano.
Nel caso in esame, il giudizio di revisione si basa sull'acquisizione di nuove prove nonché sulla contestazione delle modalità di acquisizione di alcune prove in primo e secondo grado di giudizio. In sostanza, visto che si critica il modo di acquisizione, diventano nuove prove anche quelle già esistenti.
Il procedimento di revisione è alle porte ed i relativi esiti, ad onor del vero, sono davvero imprevedibili!
Avv. Gianluca Sperandeo