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IL GIUDIZIO DIRETTISSIMO

Il giudizio direttissimo è un rito speciale non premiale attivato, di regola, dal P.M. (in un solo caso è necessario il consenso dell’imputato) al ricorrere di determinati presupposti.

Questo giudizio, disciplinato dagli artt. 449 e ss. del c.p.p., prevede la non celebrazione dell’udienza preliminare ed una fase delle indagini preliminari molto stringata.

In particolari casi l’evidenza della prova è tale da non richiedere approfondimenti investigativi, né il controllo sull’esercizio dell’azione penale (udienza preliminare).

Allorquando un soggetto viene colto in flagranza di reato la Polizia giudiziaria può procedere all’arresto del medesimo.

Lo stato di flagranza ricorre quando:

  • Il soggetto viene colto nell’atto di commettere il reato;
  • Il soggetto è inseguito dalla P.G. o dalla persona offesa subito dopo la commissione del reato;
  • Il soggetto è trovato con cose o tracce pertinenti al reato dal quale si desume che poco prima abbia commesso il reato.

In questi casi la particolare evidenza della prova, collegato allo stato di flagranza, legittima l’arresto dello stesso ad opera della P.G.

Le modalità di accesso al giudizio direttissimo sono 4:

  1. Quando il P.M. presenta entro 48 ore dall’arresto l’indagato innanzi al Giudice per la convalida dell’arresto ed il contestuale giudizio (direttissimo). Elemento fondamentale affinché in tale circostanza possa celebrarsi il giudizio direttissimo è la convalida dell’arresto.
  2. Nel caso in cui l’arresto non viene convalidato affinché possa procedersi a giudizio direttissimo è necessario il consenso dell’imputato ed ove mai tale consenso manchi il Giudice deve restituire gli atti al P.M.
  3. Nel caso in cui nonostante il soggetto fosse stato arrestato e l’arresto sia stato convalidato il P.M. presenti l’arrestato in udienza non oltre il 30esimo giorno dall’arresto. Questa ipotesi si delinea nel momento in cui è necessario comunque procedere ad indagini seppur non complesse in quanto completabili in 30 giorni (ad ex attendere l’esito delle analisi sulle sostanze rinvenute sull’imputato).

Nel caso in cui si decida per il 3° modulo di giudizio direttissimo, la convalida dell’arresto viene richiesta regolarmente al G.I.P. ed entro il 30° giorno dall’arresto l’imputato dovrà essere presentato innanzi al Giudice del dibattimento. Si evidenzia che per attivare tale modulo non è necessario solo lo stato di flagranza del reato, il conseguente arresto e la convalida dell’arresto, ma è necessario anche lo stato di detenzione dell’imputato altrimenti non gli si potrebbe contestare il reato, momento fondamentale del processo! Ne consegue che per tale modulo è necessario anche che all’imputato sia stata applicata una misura cautelare affinché, come dice la norma, possa essere presentato in udienza per la contestazione dell’imputazione. Mentre nei primi 2 moduli essendo contestata l’imputazione al momento della convalida dell’arresto non è necessaria l’applicazione della misura cautelare tant’è che dopo il giudizio direttissimo l’imputato può essere tranquillamente liberato.

  1. Il 4° modulo per l’instaurazione del rito è allorquando nel corso di un interrogatorio l’indagato confessi il reato. In tale circostanza entro 30 giorni dall’iscrizione nel registro degli indagati da parte del P.M. quest’ultimo, con decreto di citazione all’imputato libero o presentandolo direttamente in udienza se sottoposto a misura cautelare coercitiva, può instaurare il giudizio direttissimo. In questo caso l’evidenza della prova che giustifica il giudizio direttissimo, infatti, è costituito dalla confessione la quale, seppur tranquillamente ritrattabile nel proseguo del giudizio, è più che sufficiente per essere ritenuto un legittimo atto di impulso per l’instaurazione del rito.

La confessione, quindi, è presupposto del 4° modulo del giudizio direttissimo prescindendo dallo stato di detenzione dell’imputato il quale, pertanto, può trovarsi anche in stato di libertà, l’unico dato imprescindibile è il non sforamento del 30° giorno dall’iscrizione nel registro delle notizie di reato.

 

  1. La citazione in giudizio dell’imputato nel giudizio direttissimo

Una delle peculiarità del giudizio direttissimo è la citazione in giudizio dell’imputato.

Le modalità previste per instaurare il rito sono 2:

  1. la presentazione diretta in udienza dell’imputato arrestato o in custodia cautelare;
  2. la citazione in udienza dell’imputato mediante decreto se è in stato di libertà.

Se infatti andiamo ad analizzare singolarmente i 4 moduli mediante i quali si può accedere al rito direttissimo notiamo che nel primo modulo il soggetto, in quanto arrestato, è necessariamente presente in udienza, identica situazione nel secondo modulo. Nel terzo modulo è necessario, invece, che al soggetto sia stata applicata una misura cautelare custodiale in tal modo lo stesso potrà essere presente in udienza. Nel quarto modulo, infine, il soggetto reo confesso può sia essere presentato in udienza in quanto sottoposto a misura cautelare custodiale.

Come si vede tutti i 4 moduli per l’istaurazione del giudizio direttissimo rientrano in una delle 2 modalità già menzionate.

La presenza fisica dell’imputato in udienza è necessaria per la corretta instaurazione del rito in quanto l’unico modo per contestare i capi d’imputazione è la sua presenza fisica.

Non si può negare che essendo necessaria la presenza fisica dell’imputato all’udienza per la contestazione dei capi d’imputazione, la quale costituisce il presupposto ineludibile per la corretta instaurazione del rito, enormi problemi possono sorgere in concreto (salvo il caso dell’imputato in stato di libertà a cui viene notificato il decreto).

Si pensi al caso dell’imputato in vinculis il quale si rifiuta di comparire in udienza esercitando una facoltà del suo diritto di difesa, ciò comporta l’impossibilità per il P.M. di contestargli l’imputazione e quindi va a mancare il presupposto per la corretta instaurazione del rito.

In merito si ritiene che in realtà la questione sarebbe di lana caprina in quanto il P.M. potrebbe tranquillamente disporre l’accompagnamento coattivo in udienza dell’imputato in vinculis, ma in realtà tale prerogativa è concessa al P.M. unicamente in casi eccezionali espressamente previsti dalla legge ed, invero, non essendo contemplata dalla legge l’anzidetta ipotesi di accompagnamento coattivo, ne consegue che l’imputato in vinculis che rifiuta di presentarsi in udienza impedisce la corretta instaurazione del giudizio direttissimo perché non è possibile procedere alla contestazione dell’imputazione. Il P.M. di conseguenza sarà costretto a seguire altre vie processuali quali, ad esempio, il giudizio immediato, il rito ordinario etc…

 

  1. Il procedimento per direttissima

Il dibattimento nel giudizio direttissimo si svolge con delle regole alquanto semplificate essendo del tutto esclusa la fase predibattimentale.

Il procedimento inizia con la presentazione dell’imputato in udienza o con la citazione dell’imputato libero reo confesso, il difensore in merito alla data di udienza deve essere avvisato dal P.M. il prima possibile non essendo espressamente previsto alcun termine dal codice.

Il difensore può prendere visione ed estrarre copia sia degli atti presenti nel fascicolo del P.M., sia degli atti presenti nel fascicolo del dibattimento.

La persona offesa ed i testimoni possono essere citati anche oralmente da un pubblico ufficiale e le parti possono presentare i testi direttamente in dibattimento senza dover essere preventivamente autorizzati dal Giudice.

Il giudizio vero e proprio inizia con la contestazione dell’imputazione all’imputato presente, se però si procede contro l’imputato libero reo confesso essendo l’imputazione contenuta nel decreto di citazione la notifica di quest’ultimo all’imputato equivale a contestare l’imputazione.

Immediatamente dopo le contestazioni dei capi d’imputazione ad opera del P.M., il Giudice avvisa l’imputato che ha la facoltà di richiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento ovvero può richiedere un termine a difesa, con sospensione del dibattimento, non superiore a 10 giorni.

La sentenza emessa al termine del giudizio direttissimo è normalmente impugnabile, mentre se il giudizio direttissimo è stato attivato in mancanza dei necessari presupposti di legge il giudice con ordinanza rimette gli atti al P.M.

 

Avv. Gianluca Sperandeo

 

 

 


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