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LE MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE  

  1. Cosa sono le misure alternative alla detenzione? 
  2. Quali sono le misure alternative alla detenzione e quando possono essere richieste? 
  3. Come si chiede una misura alternativa alla detenzione? 
  4. I reati ostativi alla concessione delle misure alternative alla detenzione. 

1-Cosa sono le misure alternative?

Le misure alternative alla detenzione originariamente sono state introdotte nell’ordinamento giuridico italiano con uno scopo ben preciso: evitare che un soggetto mai stato in carcere potesse varcare le soglie dello stesso a seguito di una condanna.

L’originaria funzione delle misure alternative alla detenzione nel corso degli anni, però, è stata ampliata consentendo anche ai soggetti già detenuti di espiare il residuo pena all’esterno degli istituti penitenziari.

2-Quali sono le misure alternative alla detenzione e quando possono essere richieste?

Le misure alternative alla detenzione, regolate dagli artt. 47-52 della legge 354/1975 sull’ordinamento penitenziario, si applicano esclusivamente ai condannati in via definitiva (cioè con sentenza non più impugnabile) e sono principalmente:

  • l’affidamento in prova ai servizi sociali;
  • la semilibertà;
  • la detenzione domiciliare.

Il diverso grado di libertà contraddistingue le varie misure: la semilibertà prevede di compiere un’attività fuori dal carcere per una parte della giornata, tornando nell’istituto penitenziario quando non si svolge tale attività; la detenzione domiciliare permette di trascorrere tutto il tempo fuori dall’istituto, in un luogo determinato (abitazione, comunità, luogo di cura o assistenza) potendosene allontanare solo con l’autorizzazione del magistrato di sorveglianza; l’affidamento in prova al servizio sociale è la misura alternativa con il grado di libertà maggiore, con possibilità di spostamento anche ampia, se motivata, ma sempre con l’autorizzazione del magistrato di sorveglianza e la supervisione dell’Ufficio per l’esecuzione penale esterna (U.e.p.e.).

I criteri di ammissibilità sono vari e tengono conto innanzitutto dell’entità della condanna, della pena già espiata e da espiare, in particolare: l’affidamento in prova ai servizi sociali può essere richiesto se la pena ovvero il residuo pena da scontare non superi gli anni 4 (salvo eccezioni); la detenzione domiciliare può essere richiesta se la pena ovvero il residuo pena da scontare non superi gli anni 2 (salvo eccezioni); la semilibertà può essere richiesta dai detenuti alla pena dell’arresto, o pena della reclusione non superiore a sei mesi (salvo eccezioni).

3-Come si chiede una misura alternativa?

 La richiesta di una misura alternativa alla detenzione può avvenire:

  • allorquando la Procura della Repubblica deve mettere in esecuzione una condanna a pena detentiva nei confronti di un soggetto non detenuto, in questo caso il P.M. emette ordine di carcerazione e contestuale decreto di sospensione dello stesso se sussistono i presupposti per richiedere una misura alternativa alla detenzione. Ambedue i provvedimenti vengono immediatamente notificati al soggetto interessato ed al proprio difensore i quali, entro 30 giorni, avranno la possibilità di proporre un’istanza, corredata dalla necessaria documentazione, con la quale si richiede una misura alternativa alla detenzione. Detta istanza va depositata presso la cancelleria del Tribunale di Sorveglianza competente in relazione al luogo in cui ha sede l’ufficio del Pubblico Ministero;
  •  allorquando il condannato già in espiazione pena, quindi ristretto in carcere, abbia un residuo pena da scontare tale da poter richiedere una misura alternativa alla detenzione. Si pensi al soggetto condannato a 6 anni di reclusione, di cui 2 già scontati in carcere, il quale dovendo espiare altri 4 anni di pena potrà richiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali. In questo caso la richiesta va presentata, analogamente alla prima ipotesi, al Tribunale di Sorveglianza.

4-I reati ostativi alla concessione delle misure alternative. 

Il nostro ordinamento giuridico prevede che alla commissione di alcuni reati particolarmente gravi i relativi autori non possano accedere ai c.d. benefici penitenziari.

I reati ostativi all'accesso ai benefici penitenziari sono quei delitti che possono precludere o limitare l'accesso a determinati benefici previsti dall’ordinamento penitenziario.

L'articolo 4 bis dell'Ordinamento Penitenziario (D.P.R. 230/2000) elenca una serie di reati ostativi all'accesso ai benefici penitenziari:

  • Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso (Art. 583 quinquies c.p.);
  • Omicidio (Art. 575 c.p.);
  • Maltrattamenti in famiglia commessi in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità (Art. 572, comma 2, c.p.);
  • Atti persecutori (stalking) commessi in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità, oppure commessi con armi o da persona travisata (Art. 612 bis, comma 3, c.p.);
  • Prostituzione minorile (Art. 600 bis, 1 comma, c.p.);
  • Pornografia minorile (Art. 600 ter, I e II comma, c.p.);
  • Violenza sessuale di gruppo (Art. 609 octies c.p.);
  • Violenza sessuale (Art. 609 bis c.p.);
  • Atti sessuali con minorenne (Art. 609 quater c.p.);
  • Detenzione di materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto (Art. 609 quater c.p.);
  • Adescamento di minorenni (Art. 609 undecies c.p.);
  • Corruzione di minorenne (Art. 609 quinquies c.p.);
  • Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (Art. 600 quinquies c.p.);
  • Furto in abitazione (Art. 624 bis c.p.);
  • Rapina aggravata (Art. 628, 3 comma, c.p.);
  • Estorsione aggravata (Art. 629, 2 comma, c.p.);
  • Sequestro di persona a scopo di estorsione (Art. 630 c.p.);
  • Associazione di tipo mafioso anche straniere (Art. 416 bis c.p.);
  • Scambio elettorale politico-mafioso (Art. 416 ter c.p.);
  • Qualsiasi reato commesso avvalendosi delle condizioni delle associazioni mafiose oppure commesso per agevolare le dette associazioni (Art. 416 bis 1 c.p.);
  • Incendio boschivo (Art. 423 bis c.p.);
  • Associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri (Art. 291 quater del T.U. in materia doganale, D.P.R. n. 43/1973);
  • Acquisto o vendita di schiavi (Art. 602 c.p.);
  • Immigrazione clandestina (Art. 12, commi 1 e 3, T.U. sull’immigrazione, D.Lgs. n. 286/1998);
  • Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù (Art. 600 c.p.);
  • Tratta di persona (Art. 601 c.p.);
  • Contrabbando di tabacchi lavorati esteri aggravato (Art. 291 ter T.U. in materia doganale, D.P.R. n. 43/1973);
  • Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, aggravato dall’ingente quantità (Art. 73 e 80, comma 2, D.P.R. n. 309/1990);

La commissione di un reato ostativo comporta l’impossibilità, in linee generali, di richiedere una misura alternativa alla detenzione.

In particolare, l’art. 4 bis o.p., si struttura in tre “fasce di reati” in relazione alle quali sono previste differenti condizioni per l’accesso ai benefici penitenziari ed alle misure alternative.

Per i reati c.d. di prima fascia o assolutamente ostativi, l’accesso alle misure alternative è concesso esclusivamente previa collaborazione utile con l’autorità giudiziaria.

Per i reati di seconda fascia o relativamente ostativi, reati sì gravi, ma non diretta espressione della criminalità organizzata, l’accesso alle misure alternative è consentito purché non vi siano elementi tali da far presumere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata.

Infine, per i reati di c.d. “terza fascia” l’accesso ai benefici è possibile solo dopo almeno un anno di osservazione intramuraria.

 

 

Avv. Gianluca Sperandeo


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