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LA GIUSTIZIA RIPARATIVA : IL CASO DI CAROL MALTESI

  1. Cos’è la giustizia riparativa;
  2. Obiettivi e principi della giustizia riparativa;
  3. I benefici processuali pro reo della giustizia riparativa;
  4. Il caso Maltesi;
  5. Conclusioni.

 

  1. Cos’è la giustizia riparativa

La nostra Carta Costituzione stabilisce che la funzione principale della pena è la rieducazione del soggetto.

Scontata la pena il condannato deve essere reinserito nel contesto sociale proseguendo la sua esistenza in un contesto di integrazione sociale che non lo induca a commettere ulteriori fatti socialmente riprovevoli.

In tale ottica si innesta la giustizia riparativa, istituto introdotto dalla Riforma Cartabia, il cui scopo è facilitare e ottimizzare la riabilitazione e il reinserimento sociale di chi ha commesso fatti di reato.

Grazie alla Riforma Cartabia per la prima volta in Italia è stata avviata una disciplina organica della giustizia riparativa già nota da anni agli ordinamenti giuridici Europei.

 

  1. Obiettivi e principi della giustizia riparativa

Gli obiettivi a cui tende la giustizia riparativa sono la responsabilizzazione della persona indicata come autore dell’offesa nonché la ricostituzione dei legami con la comunità.

La sola punizione della pena inflitta al reo ha dimostrato di non risultare produttiva né a livello sociale, né agli stessi autori di reato.

In Italia il tasso di recidiva degli ex detenuti, infatti, si aggira intorno al 70%.

La pena, intesa come fine unico di una condanna, non è un deterrente efficace per interrompere la commissione di reati.

Diventa fondamentale, pertanto, che gli autori dei reati comprendano la ragione per cui sono chiamati a risponderne penalmente delle proprie azioni.

La giustizia riparativa si basa su incontri tra le vittime e gli autori di reato, guidati da esperti mediatori di giustizia riparativa in centri appositi.

L’accesso ai programmi di giustizia riparativa è gratuito e può essere richiesto in ogni stato e grado del procedimento e per qualsiasi tipologia di reato.

L’unico limite è allorquando vi sia un concreto pericolo per i partecipanti, derivante dallo svolgimento del programma.

Presupposto fondamentale affinchè possa essere avviato il programma è il consenso delle parti: vittima del reato ed autore a cui viene attribuita l’offesa.

La riforma Cartabia non ha individuato particolari limitazioni all’istituto della giustizia riparativa che, per sua stessa funzionalità, è ammessa per qualsiasi reato e può essere richiesta in ogni stato e grado del procedimento.

Il richiedente non è tenuto ad ammettere la propria responsabilità e tutte le informazioni ottenute durante gli incontri non sono utilizzabili nel procedimento.

La richiesta va formalizzata dal richiedente al Giudice competente, a seconda della fase processuale in cui si è, il quale con ordinanza deciderà se ammettere o meno lo stesso ad un programma di giustizia riparativa.

 

  1. I benefici pro reo della giustizia riparativa

È fondamentale sapere che la partecipazione ad un programma di giustizia riparativa non comporta automaticamente benefici o sconti di pena.

Al termine del percorso il giudice competente riceve dal mediatore una relazione sull’andamento e sull’esito prodotto.

Gli esiti positivi della mediazione possono però essere valutati dal Giudice in sede di giudizio per valutare:

  • la concessione della sospensione condizionale della pena;
  • la remissione della querela (tacita) allorquando si tratta di reati a querela di parte;
  • le attenuanti;
  • la pena da applicare.

Il tutto sempre secondo l’apprezzamento del giudice fondato su tutti gli elementi.

L’esito negativo o l’interruzione della mediazione, invece, non produce effetti.

 

  1. Il caso Maltesi

Davide Fontana, bancario food blogger di 44 anni, uccise la 26enne Carol Maltesi e ne disperse i resti, fatti a pezzi, perché si era reso conto che lei "si stava allontanando da lui, scaricandolo”.

Un crimine efferato per il quale si è concluso il primo grado di giudizio con la condanna del bancario a 30 anni di carcere.

Molto scalpore nell’opinione pubblica ha destato il fatto che l’autore di un reato così grave abbia chiesto di accedere ad un programma di giustizia riparativa e che, nonostante il mancato consenso delle vittime del reato (la famiglia Maltesi), la Corte abbia accolto tale richiesta.

Interessante risulta essere l’ordinanza con la quale i Giudici hanno ammesso il Fontana ad un programma di giustizia riparativa: «l’imputato ha ribadito la propria volontà di riparare in concreto alla gravissima condotta posta in essere, sostenendo di avere “un grande bisogno di farlo” e chiedendo alla Corte di permettergli di fare qualsiasi cosa, percorsi, di seguire programmi, qualsiasi cosa sia possibile fare verso i parenti di Carol e anche verso altre Associazioni”».

L’avvio di un percorso di giustizia riparativa «prescinde dal consenso di tutte le parti interessate e, nel caso concreto, lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa – laddove ritenuto esperibile dai mediatori anche con “vittima cd. aspecifica” – può comunque essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede, giacché la ratio dell’istituto è quella di ricomporre la frattura che il fatto illecito crea non solo tra autore e vittima del reato, ma anche all’interno del contesto sociale di riferimento».

 L’istituto di cui è stata chiesta l’applicazione, infatti, «ha anche, se non soprattutto, natura pubblicistica ed ha lo scopo ulteriore di far maturare un clima di sicurezza sociale, sicché la volontà del legislatore è indubbiamente di incentivare il ricorso a detto strumento, come chiaramente emerge dall’art. 43, comma 4, d.lgs. 150/2022, secondo cui l’accesso ai programmi di giustizia riparativa è sempre favorito».

L’Ordinanza afferma, infine, che «lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa da parte del Fontana non comporta alcun pericolo concreto per l’accertamento dei fatti – già giudicati in primo grado – e non sussiste neppure un pericolo concreto per gli interessati, pur tenuto conto della presenza di un minore di circa sette anni».

E’ indubbio che tale provvedimento è destinato a creare un precedente giurisprudenziale destinato ad ampliare l’accesso ai programmi di giustizia riparativa ancorchè manchi il consenso della vittima del reato.

  1. Conclusioni

Per chi scrive l’istituto della giustizia riparativa ha alla base una finalità nobile e perfettamente in linea con i valori della nostra Carta Costituzionale.

Ciò nonostante tale istituto, fermo restando l’apertura giurisprudenziale del caso Maltesi, non avrà un riscontro pratico apprezzabile semprechè non intervengano delle modifiche legislative volte ad ampliare gli aspetti premiali – rendendoli automatici- da riconoscere ai soggetti a cui viene attribuita l’offesa che partecipano ai programmi con esito positivo.

Avv. Gianluca Sperandeo

 


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